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Cosa vuol dire Vangelo?
Vangelo significa letteralmente "Buon annunzio", "Buona notizia".
E quale è la Buona Notizia?
Sinteticamente si può rispondere con tre parole: Dio ci ama. Gesù ha reso partecipe l'uomo del progetto di Dio su di lui, un progetto d'Amore. Se riusciamo a comprendere pienamente questo concetto, che a prima vista può sembrare scontato, la nostra vita cambia.
Ma cosa c'è di così travolgente in questa semplice frase? Perché questa notizia, apparentemente ovvia, è così buona? Per comprendere il valore profondamente innovatore e distintivo del messaggio di Gesù occorre innanzitutto calarci nella realtà dell'epoca e focalizzare l'attenzione su quella che era la percezione di Dio prima della venuta del Cristo.
Percezione di Dio prima di Gesù
Il Dio prima di Gesù era un Dio lontano, un Dio inaccessibile. Si credeva che vivesse nel Settimo Cielo, il cielo più remoto, distante dalla terra ben 3.500 anni di cammino.
La Sua lontananza e inaccessibilità rendeva impossibile un rapporto diretto con Lui. Era necessario un mediatore, il sacerdote. Era necessaria una serie di riti, la liturgia, era necessario un luogo in cui la liturgia poteva esprimersi, il tempio, in poche parole era necessaria una religione.
Ma tutto questo ancora non bastava. Bisognava anche essere puri, condizione assai difficile da attuare e da mantenere. Per sprofondare nell'impurità bastava, ad esempio, essere una donna e avere il ciclo mestruale o rapporti coniugali, partorire un bambino o, peggio ancora, una bambina! Oppure era sufficiente toccare un insetto o una lucertola, anche se il contatto avveniva in maniera accidentale, mangiare determinati tipi di alimenti, non lavarsi prima di mangiare, toccare chi era impuro...
Esistevano ben 613 precetti da rispettare, di cui 365 proibizioni e 248 comandamenti! Solo il tenerli a mente tutti era un'impresa. Stabilire un buon rapporto con Dio era un percorso sempre in salita che si realizzava attraverso l'osservanza di una serie infinita di regole meticolose, attraverso la preghiera, la partecipazione al culto, i sacrifici e le offerte al tempio. Alcune categorie di persone, inoltre, erano del tutto escluse da questa possibilità. I lebbrosi, ad esempio, erano considerati esseri totalmente impuri. La loro non era una disgrazia ma il castigo di Dio per chissà quali colpe. Non potevano avvicinarsi agli uomini perché chiunque toccava un lebbroso diventava impuro egli stesso. Non potevano avvicinarsi a Dio a causa della loro impurità ma questo mancato avvicinamento li manteneva nella loro tragica condizione. Non c'era via di scampo. Altre categorie perennemente impure erano i pastori, i pubblicani, le prostitute.
In tale contesto l'uomo si sentiva sempre peccatore e il senso di colpa costituiva il nutrimento principale dell'apparato religioso. Finché la gente si considerava inadeguata all'incontro con Dio era necessario il mediatore, erano necessari sacrifici e offerte. Il profeta Osea tuonava: "Essi si nutrono del peccato del mio popolo e sono avidi della sua iniquità." (Os 4, 8). La religione ha bisogno del peccato e della paura che ne deriva, pena la sua estinzione.
Chiarimento di un termine
Uno degli aspetti che inizialmente più mi ha colpito, leggendo il documento di Alberto Maggi "Vangeli: Storia o Teologia?", è stata la considerazione della religione in termini decisamente critici. Caspita, mi sono detta, se "perfino" un prete esprime giudizi così negativi nei confronti della religione qui crolla tutto. E meno male! L'importante è che dopo aver ricevuto questo pugno nello stomaco - vero e proprio terremoto interiore - si vada avanti. Io, per mia gioia, l'ho fatto. Qual è dunque il significato del termine religione e perché è così fortemente in contrasto con l'essere cristiani?
Per religione si intende tutto quell'insieme di atteggiamenti, di preghiere, di culti, di sacrifici, di offerte che l'uomo deve rivolgere a Dio per meritare la Sua Benevolenza. Nella religione l'uomo è al servizio di Dio.
Mi ha sempre lasciato perplessa l'eccessiva importanza data agli aspetti esteriori del culto, la ripetitività delle preghiere, la liturgia fine a se stessa. Mi chiedevo: ma che bisogno ha Dio di queste forme così esagerate di adorazione della Sua persona? Possibile che sia così vanitoso? E' questo l'insegnamento che ci ha trasmesso? E' questa la Sua Volontà?
Facciamo un paragone, ovviamente con le debite proporzioni. Supponiamo che ci sia un professore universitario bravissimo, un pozzo di scienza. Costui è perfettamente consapevole del suo valore ma pensate che proverebbe piacere se i suoi studenti ogni giorno gli dicessero: "Oh, ma quanto è bravo lei! Ma è davvero un genio! Oh, siamo proprio fortunati ad avere un professore come lei! Viva viva il professore, viva viva il professore!" e poi non studiassero? Credo, invece, che per lui la più grande soddisfazione sia quella di vedere i suoi insegnamenti diventare patrimonio dei propri allievi.
Dio ha fatto l'uomo a Sua immagine e quindi è Suo desiderio che l'uomo gli assomigli. E ove nascessero dei dubbi al riguardo, Gesù li ha fugati senza equivoci.
Gesù Cristo cambia la prospettiva: una nuova percezione di Dio
Riguardo alla lontananza
Innanzitutto Dio non è più lontano, non è più inaccessibile. Gesù è l'Emmanuele, il Dio con noi. Ce lo dice Lui stesso: "... Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28, 20).
Riguardo al merito
Ma c'è molto di più. La benevolenza di Dio non va meritata. Dio è, per sua natura, benevolo. Dio ci ama. Incondizionatamente. Nonostante i nostri errori. A prescindere dai nostri meriti. L'amore di Dio è gratuito. Il merito crea disparità. Io posso trovarmi in condizioni sociali, economiche, culturali, personali, tali da consentirmi di essere più "buono" di un altro. E' fortuna, forse, non merito. E allora? L'altro è spacciato? Nel giudizio degli uomini spesso sì ma Dio usa altri parametri. Ha scelto proprio i "meno buoni" per trasmetterci il suo messaggio.
Riguardo all'impurità
E questo sta a significare che non esistono categorie di persone che possono essere considerate o considerarsi indegne dell'amore di Dio. Dio ha annunciato la sua nascita rivelandosi ai pagani (i Magi), ai pastori, categoria che, come ho già detto, era considerata fortemente impura, ha scelto tra i suoi apostoli un pubblicano, ha difeso, considerandole un atto di fede, le manifestazioni di amore e di riconoscenza di una prostituta, che gli bagnava i piedi con le lacrime e li asciugava con i capelli. E quando si avvicina all'essere impuro per eccellenza, un lebbroso, lo tocca e non solo Egli non diventa impuro a seguito di quel contatto ma, al contrario, purifica, trasmette Vita.
Dalla Religione alla Fede
Se, dunque, per avvicinarsi a Dio non serve più purificarsi, anzi è proprio la Sua vicinanza che purifica, a che servono i mediatori, le offerte, il tempio, la religione? A niente. L'amore gratuito di Dio non va meritato ma solo accolto e trasmesso a sua volta gratuitamente. E questa non è più religione ma Fede.
La fede consiste nell'accoglienza dell'amore che Dio gratuitamente dona agli uomini e nella condivisione di questo amore con gli altri. Mentre nella religione vale la categoria del merito, la fede si basa sul bisogno e sul servizio, sostituendo l'obbedienza a Dio con la somiglianza.
Viene completamente ribaltata la direzionalità del rapporto: è Dio che fa per l'uomo, non l'uomo che deve fare per Dio! Dio non chiede sacrifici e non vuole dei servi. Anzi si mette Lui al servizio degli uomini: "...il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire". (Mt 20,28; Mc 10,45).
Fede significa accogliere il Suo Amore incondizionato e regalarlo agli altri, fidarsi di Lui, evitando di concentrare l’attenzione su noi stessi ma piuttosto volgendo lo sguardo verso chi ci sta intorno. Tutto quello che abbiamo di buono, di bello, di qualitativamente apprezzabile ha senso non per guadagnare punti di fronte ai Suoi occhi ma per condividerlo con i nostri simili, per trasmettere vita, per assomigliargli.
Ce lo ha insegnato lavandoci i piedi (Gv 13,1-
E qualcuno all'epoca (e, probabilmente, anche oggi) i brividi ce li ha avuti, ma di paura. L'unica categoria di persone che può spaventarsi di fronte a un messaggio così travolgente, così buono, è proprio quella di chi si sente tanto ma tanto "servizievole" nei confronti di Dio: le persone religiose. Chi ha fatto male a Gesù, fino al punto di ucciderlo, non sono stati i "cattivi", gli "impuri", sono state le persone religiose, proprio quelle che si sentivano più vicine a Dio. D'altronde non è difficile immaginare lo scossone che un simile cambiamento di prospettiva poteva arrecare all'apparato religioso dell'epoca.
Il Tempio di Gerusalemme e l'economia di Gerusalemme si reggevano sulle offerte e sul viavai di gente che lì si recava per adempiere alle proprie esigenze di purificazione. Era una macchina perfetta.
E all'improvviso arriva Qualcuno, fosse anche il Figlio di Dio, che dice: non serve a niente; se hai qualcosa in abbondanza non devi offrirla a Dio (cioè al Sommo Sacerdote!) perché Lui (cioè Dio!) non sa di che farsene; donala, piuttosto, a tuo fratello che ne ha bisogno; che sia ebreo, samaritano, romano, non fa differenza.
Roba da matti. Roba da far crollare il Tempio quarant'anni prima, se le pietre avessero potuto ascoltare. La paura del nuovo è schiacciante, anche se il nuovo viene da Dio (specialmente quando lede i propri interessi). Non lo vedi, non lo riconosci o non lo vuoi riconoscere, per timore di perdere potere, prestigio, ricchezza, sicurezza.
Già, la sicurezza. Questo aspetto l'ho messo per ultimo ma non lo considero il meno importante e vale tanto per il Sommo Sacerdote che per la gente comune. La religione, le regole, i riti danno sicurezza. Ti ingabbiano, ti lasciano bambino a vita, ti tolgono la libertà ma ti danno la protezione, ti fanno sentire a posto: una vera panacea per la propria coscienza e una specie di assicurazione per l'aldilà.
Dio, attraverso Gesù, ci rende liberi, responsabili, adulti. Sta a noi scegliere se vogliamo esserlo. "Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli" (Mt 7, 21). Non chi dice ma chi fa: sono le opere che contano, non le parole nude.
Piccola digressione, a proposito dell'aldilà. Qualche anno fa parlai con una "persona religiosa" (non cattolica, nel caso specifico) che pretendeva di conoscere con assoluta sicurezza i criteri che avrebbe adottato Gesù Cristo al tempo del Giudizio. Sostenevo, che, a mio parere, persone come Gandhi o come tanti sconosciuti che aiutano altri esseri umani nei luoghi dimenticati del mondo, rischiando anche la vita, sono già in Paradiso, fossero anche atei. E lui diceva di no perchè non avevano accolto la VERA religione: "le leggi di Dio sono leggi di Dio, chi le trasgredisce non può salvarsi". Ecco: queste sono le persone "religiose". A loro voglio dedicare, a conclusione di questa pagina, la frase bellissima di quella che evidentemente considerano una "anima perduta"!
"Sono le azioni che contano.
I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fintanto che non vengono trasformati in azioni.
Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo"
(Mahatma Gandhi)