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"L'amore fa miracoli". Quante volte abbiamo sentito o usato questa espressione! Beh, ... è proprio vero, non è solo un modo di dire!
Ma andiamo con ordine. Quali miracoli ha compiuto Gesù? E perché?
Gesù non ha fatto miracoli a scopi pubblicitari
Gesù non ha compiuto azioni straordinarie come dimostrazione di potenza. Anzi, ogni volta che è stato tentato in tal senso, si è opposto fermamente.
Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: "Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane" Ma egli rispose: "Sta scritto:
Non di solo pane vivrà l’uomo,
ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio".
Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: "Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti:
Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo
ed essi ti porteranno sulle loro mani
perché il tuo piede non inciampi in una pietra".
Gesù gli rispose: "Sta scritto anche:
Non metterai alla prova il Signore Dio tuo". (Mt 4, 1-7)
I farisei e i sadducei si avvicinarono per metterlo alla prova e gli chiesero che mostrasse loro un segno dal cielo. Ma egli rispose loro: "... Una generazione malvagia e adultera pretende un segno! Ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona". (Da Mt 16, 1-4)
Da allora Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: "Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai". Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: "Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!". (Mt 16, 21-23)
Quelli che passavano di lì lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: "Tu, che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi dalla croce!". Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi e gli anziani, facendosi beffe di lui dicevano: "Ha salvato altri e non può salvare se stesso! È il re d’Israele; scenda ora dalla croce e crederemo in lui". (Mt 27, 39-42)
Va precisato che i quaranta giorni passati da Gesù nel deserto non devono intendersi come indicazione cronologica della durata del digiuno ma come periodo (= la durata di una generazione) in cui Egli è stato vittima di tentazioni. Di queste, la più tremenda è certamente quella di essere indotto a dimostrare la Sua figliolanza divina attraverso atti di potenza.
La tentazione è stato un elemento costante in tutta la vita di Gesù, sollecitato, di volta in volta, dal Satana di turno: il diavolo, l'apparato religioso dell'epoca, i suoi stessi discepoli. Le frasi "se tu sei il Figlio di Dio" e "mettere alla prova" ricorrono frequentemente. Ma Gesù ha resistito, non si è buttato dal pinnacolo del tempio, non è sceso dalla Croce, non ha elargito, a riprova della sua regalità divina, segni su richiesta. Bensì ha affidato proprio all'evento più rappresentativo della fragilità umana, la morte, il compito di manifestare tale condizione:
Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: "Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!". (Mc 15, 38-39)
Gesù non è stato un guaritore o uno sciamano
Né, d'altro canto, possiamo considerare Gesù un semplice guaritore o una specie di E.T. dotato di poteri paranormali.
In ogni evento straordinario raccontato c'è sempre qualche elemento che trascende l'aspetto puramente taumaturgico. Il fine ultimo delle guarigioni non consiste nel mero risanamento fisico.
Gesù, attraverso profondi atti di amore (che, peraltro, gli costeranno la vita) rende possibile all'uomo il recupero della sua completa dignità e libertà interiore.
E' doverosa, a tal proposito, una precisazione. Nei Vangeli il termine (thaûma = miracolo) non esiste. Si parla di segni, opere, prodigi ma mai di miracoli.
Se chi legge trova nella sua copia della Bibbia il termine "miracolo" sappia che è un errore di traduzione, come ho già segnalato nella pagina Luoghi comuni da sfatare. Nell'edizione CEI 2008 questa parola è scomparsa da quasi tutto il Nuovo Testamento.
Gesù ha detto che anche noi possiamo compiere "miracoli"
Nonostante il chiarimento appena esposto, uso il termine "miracoli" volutamente. Infatti quando Gesù dice "In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste..." (Gv 14, 12) fa riferimento a quelli che, nell'accezione comune, vengono considerati "miracoli", opere, cioè, assolutamente straordinarie.
Qui le cose si complicano un pochino perché qualunque persona di buon senso sa benissimo che non siamo purtroppo in grado di ridare la vista a un cieco o di far camminare una persona paralizzata; potremmo avere molta, molta più fede di un granello di senape (da Mt 17, 20), potremmo essere trascinati dall'amore più grande del mondo ma non ci riusciremmo.
E allora se Gesù ha detto così vuol dire che ai termini "miracolo", "segno", "opera" dobbiamo attribuire un altro significato. Proviamo a scoprirlo.
Preciso che la considerazione seguente è personale. Forse mi sono lasciata prendere un po' la mano, forse, partendo dalle convincenti spiegazioni di Alberto Maggi, vedo ormai relazioni anche dove non ci sono. Se, quindi, sono volata "troppo" in alto prendetevela solo con me.
Ho come l'impressione che nelle guarigioni operate da Gesù sia presente un costante riferimento alla definizione che Egli ha fornito di se stesso e che ha mirabilmente condensato in tre parole: Io sono la via, la verità e la vita.
Il profondo, autentico significato di queste opere, il vero miracolo da esse rappresentato, va cercato, secondo me, in questa frase.
Cercherò di spiegarmi meglio, con l'aiuto di uno schema.
V
I
A
Esempi:
Il paralitico (Mt 9, 1-
L'uomo dalla mano inaridita (Mc 3, 1-
Il malato della piscina di Betzatà (Gv 5, 1-
In ognuno di questi esempi è rilevante l'elemento trasgressione (Gesù perdona i peccati e si fa uguale a Dio nel primo caso, non rispetta il sabato negli altri due).
Il paralitico, l'uomo dalla mano inaridita e il malato della piscina hanno in comune la difficoltà o l'impossibilità di muoversi.
La guarigione consiste nell'agire, nel riuscire a camminare con le proprie gambe. Le sicurezze pre-stabilite, l'adesione acritica alle regole (nel caso dell'uomo dalla mano inaridita la guarigione avviene di sabato, addirittura all'interno della sinagoga) impediscono la crescita e portano alla paralisi.
L'azione, il movimento, il mettersi in cammino (come direbbe il mio parroco don Domenico) sono le condizioni essenziali per trovare e percorrere la Via.
V
E
R
I
T
À
Esempi:
Il sordomuto (Mc 7, 32-
Il cieco di Betsàida (Mc 8, 22-
Il cieco dalla nascita (Gv 9, 1-
I ciechi e i sordi del vangelo non riescono a percepire la realtà, vivono nel buio e nel silenzio, non capiscono, talvolta per loro stessa volontà. Essi sono chiusi completamente nel loro mondo (non a caso Gesù sussurra al sordo Effatà che non vuol dire "Senti!" ma "Apriti!").
La guarigione consiste nell'eliminare ciò che impedisce la piena comprensione, il discernimento, la ricerca della verità.
Anche oggi, in diverse lingue, come l'italiano o l'inglese, il verbo vedere viene spesso utilizzato come sinonimo di capire (che, in fondo, è un vedere con gli occhi della mente):
Vedo, vedo = mi rendo conto
I see = capisco
Altre espressioni molto comuni:
essere sordi da quell'orecchio = non voler capire
aprire gli occhi = mostrare o scoprire la verità
Tutto il capitolo 9 di Giovanni è giocato sul doppio senso delle espressioni: vedere, vista, aprire gli occhi, cecità.
Alla fine ci rendiamo conto che la condizione più grave e, purtroppo, difficilmente sanabile, è quella in cui si trovano i farisei che, pur essendo i veri ciechi, sono convinti di vedere, cioè di sapere e capire tutto.
V
I
T
A
Esempi:
L'indemoniato (Mc 1, 23-
Il lebbroso (Mt 8, 2-
La risurrezione (Mt 28, 5-
In questi episodi, solo apparentemente scollegati, il filo conduttore è la vita e soprattutto il significato che dobbiamo attribuire a questa parola.
L'indemoniato
L'indemoniato vive una vita che non è più sua, posseduto da qualcosa che lo assorbe e lo condiziona completamente. Le sue azioni, i suoi pensieri non gli appartengono più. Vive all'ombra del potere religioso (Gesù lo incontra proprio nella Sinagoga), ha perso la sua identità e libertà, non è più una persona, a tal punto da parlare perfino al plurale: "Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci?". I demòni lo hanno preso e sono loro che parlano.
Ma che cosa sono i demòni? Se ci guardiamo intorno possiamo avere la chiara percezione di che cosa siano e di come possano facilmente rubare la vita dell'uomo, grazie alla complicità di quest'ultimo.
Vediamoli più da vicino:
lo sfrenato desiderio di potere, in tutte le sue manifestazioni: esercizio del potere, aspirazione al potere, accondiscendenza verso il potere
la bramosia della ricchezza, dell'accumulo di beni materiali
le dipendenze psicologiche e fisiche dalle proprie passioni (come il gioco d’azzardo o l'alcol, ad esempio)
l'ambizione senza scrupoli nella vita professionale ...
Anche Gesù ne ha subìto la tentazione. Nel deserto il Satana non gli proponeva il male, inteso come malvagità, come cattiveria: gli offriva semplicemente potere, ricchezza, vanità. I demòni possono inesorabilmente insinuarsi nella nostra esistenza, illudendoci che siano il bene, e farci pian piano morire dentro.
La guarigione consiste nel cacciare via da noi tutto ciò che, a torto, sembra tanto importante; può essere doloroso - "E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui." - perché è come rimanere svuotati, senza riferimenti, ma è la condizione essenziale per ritrovare ciò che è veramente importante.
Il lebbroso
Il lebbroso non ha una vita da vivere. Non perché l'abbia ceduta a qualcuno o a qualcosa, come l'indemoniato. Semplicemente ha rinunciato ad averla. Qualcuno gli ha detto che in conseguenza della sua impurità è escluso dall'amore di Dio ed egli ci crede, si rassegna, non lotta.
Eppure la guarigione è facile: basta solo avere il coraggio di avvicinarsi a Dio e la voglia di essere toccati. Quando il lebbroso vince le proprie paure interiori, quando supera i limiti imposti e autoimposti allora ecco la vita, che torna a circolare prepotente dentro di lui.
La risurrezione
E' un nuovo inizio. Oppure semplicemente una continuazione, in un altro livello, in un'altra forma. Non è una guarigione ma la naturale conclusione delle "guarigioni", dei "miracoli" avvenuti prima.
Adoro il paragone dei due gemelli illustrato da frate Alberto. Quando il primo nasce, quando, cioè, esce dall'utero, è come se, per l'altro, fosse morto. L'utero è l'unico mondo che hanno conosciuto fino a quel momento. Quindi la scomparsa di un fratello può solo rappresentare per chi resta una perdita irreversibile. Ma noi sappiamo bene che quella che sembra morte è in realtà solo una nascita più vera. La vita, cominciata nove mesi prima, continua secondo altre modalità, sconosciute nell'utero. A una condizione, però: bisogna essere vivi nell'utero per poter vivere al di fuori di esso. In altre parole: occorre essere già vivi per poter risorgere. Ma questa è un'altra storia e la vedremo nella pagina seguente Vita Eterna.
Ora la frase pronunciata da Gesù, quando fa riferimento ai nostri poteri, non sembra più né misteriosa né inattuabile. I miracoli, le opere grandi diventano alla nostra portata. La loro realizzazione può essere più o meno difficile ma non impossibile. Possiamo partire lavorando su di noi, cominciando, pian piano...
a muoverci, come l'uomo dalla mano inaridita,
a camminare, come il paralitico e il malato della piscina di Betzatà,
a vedere, come il cieco di Betsàida e il cieco dalla nascita,
a sentire, come il sordomuto,
a spezzare le catene, come l'indemoniato,
ad avere coraggio, come il lebbroso,
in poche parole,
a vivere... come Gesù.
E quando poi sentiamo la vita - quella vera - circolare dentro di noi, è impossibile non avvertire il desiderio di trasmetterla anche agli altri. E questo, per concludere così come ho iniziato, può veramente chiamarsi un miracolo di amore.