VITA ETERNA - Capire i Vangeli

Stella
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VITA ETERNA



"In verità, in verità  io  vi  dico: chi  ascolta  la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita..." (Gv 5,24).

Quante volte abbiamo letto o ascoltato questa frase senza soffermarci, senza capire veramente quello che in essa viene detto!
Nel corso della nostra esistenza generalmente nutriamo speranze più o meno solide in una vita futura ultraterrena,  ambìta ricompensa per ciò che di buono abbiamo fatto durante il nostro viaggio e auspicabile rivincita verso ingiustizie e dolori subiti. Il rovescio della medaglia, in questo schema di pensiero, è rappresentato da ansie e sensi di colpa, originati dai nostri errori (peccati?) e dal timore di un giudizio divino inappellabile, sia esso personale o universale, che potrebbe escluderci per sempre da siffatte prospettive di eternità.

Ma come si concilia questo miscuglio di consolazione e inquietudine con la frase di Giovanni appena citata? Non vediamo tracce di vita eterna "futura" nelle parole di Gesù, il giudizio è esplicitamente escluso, i tempi usati sono il presente (ha la vita eterna) e addirittura il passato (è passato dalla morte alla vita).

In effetti i primi cristiani avevano chiara la percezione che la vita eterna era qualcosa di "terreno", di già realizzato attraverso l'incontro e l'accoglienza della parola di Gesù e tramite la fede in un Dio Padre che ci ama e che ci chiede solo di riversare quell'amore agli altri. Nel vangelo apocrifo di Filippo leggiamo:
"Coloro che dicono che prima si muore e poi si risorge, si sbagliano. Se non si riceve prima la resurrezione, mentre si è vivi, quando si muore non si riceverà nulla." (Filippo, 90). E San Paolo aveva scritto: "con lui [cioè, con Cristo] sepolti nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la fede nella  potenza  di  Dio,  che  lo  ha  risuscitato  dai  morti." (Col 2,12).

Nell'ultima sua conferenza, tenuta a Cordova nel marzo 2001, il teologo Juan Mateos recupera lo spirito del primo cristianesimo:
"... salvare gli uomini in questo mondo significa lasciare che giungano alla pienezza di vita e salvare gli uomini per il futuro significherebbe dar loro una vita che supera la morte. Quindi Gesù viene a salvare, che vuol dire: a dar vita, a dar vita, a dar vita a quelli che vivono come morti in vita. Questa è la prima cosa! Togliere gli uomini dalla mediocrità che è mancanza di vita."

Ma allora non occorre attendere la nostra morte biologica per vivere una vita "eterna". Anzi, sembra proprio che la partita si giochi qui e ora, durante la vita umana. In che modo? Proprio come viene insegnato da Gesù nella frase posta all'inizio di questa pagina: ascoltando e "vivendo" la Sua parola e avendo fiducia nel Padre (
in chi mi ha mandato).

Come Alberto Maggi ripete spesso, Gesù non ci ha liberati dalla paura della morte ma dalla morte stessa. Se noi riusciamo a sviluppare nel corso della vita biologica un'esistenza qualitativamente eterna, l'esperienza della morte non ci toccherà.
"Io sono il pane della vita." (Gv 6,48).  E ancora: "... la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui." (Gv 6,55-56).

La comprensione della parola di Gesù non è un mero esercizio intellettuale: essa è parola creatrice e anche ascoltarla implica "creazione". Gesù si è fatto pane per noi; ascoltare la Sua Parola e farne esperienza significa farsi pane per gli altri, significa innescare quel meraviglioso "circolo virtuoso", in cui dando non si resta privati ma arricchiti. Non un rito, quindi, che, nell'abitudine, perde significato, ma un impegno che quotidianamente alimenta la nostra vita, rendendola eterna. Le beatitudini, il pane condiviso non sono racconti destinati a rimanere in un libro: è "vangelo" che si tramuta in esperienza di vita (la propria) e dono di vita (per gli altri). Vita che non diventerà eterna "dopo" la morte semplicemente perché lo è già e tale resterà "nonostante" la morte.

Un'indicazione molto potente di "vangelo vissuto" viene fornita da Gesù ai discepoli di Emmaus. Essi hanno ascoltato la parola, l'hanno seguita, l'hanno creduta; ma non l'hanno ancora sperimentata. E' per questo che quando incontrano Gesù non lo riconoscono e non si accorgono della Sua risurrezione. Ma...

"Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli  occhi e lo riconobbero.
Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava  con noi lungo la via, quando ci  spiegava le Scritture?».
Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane."
(Lc 24,30-35).

I discepoli di Emmaus

Nella condivisione si riconosce Gesù risorto, nella condivisione si sperimenta la vita eterna, la vita capace di superare la morte.

Ricollegandomi a quanto detto nella pagina precedente a proposito dei miracoli, ritroviamo in questo episodio, stavolta insieme:

la Via (i discepoli di Emmaus erano in cammino),
la Verità (
"si aprirono  loro gli  occhi"),
la Vita (l'esperienza di Gesù risorto che viene da Lui stesso offerta attraverso la condivisione del pane).

E anche l'ultimo miracolo, il più difficile di tutti, il più impossibile diventa, così, alla nostra portata. Non possiamo sapere con precisione quello che avverrà dopo la nostra morte biologica; è un evento decisamente al di fuori della comprensione umana. Ma possiamo decidere, in qualunque momento della nostra esistenza, se vivere da morti o da risorti.

Un giorno le nostre opere ci seguiranno e noi per un po' ci riposeremo. "«Sì», dice lo Spirito, «riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono»." (Ap 14,13). Ma ora è il tempo di compierle, queste opere, e di cominciare a vivere, nella somiglianza con Dio, la nostra eternità.


 
 
 
 
 
 
 
 
 
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